Su gentile concessione del Prof. GIOSUE' BERBENNI

 

I SERASSI

CELEBERRIMI COSTRUTTORI D’ORGANI

 

di Giosuè Berbenni

 

«Lo stabilimento dei fratelli Serassi è certamente uno de’ più stupendi che esistano, e come tale venne riconosciuto da tutti gli stranieri che attratti dalla fama vennero a visitarlo».[1]

 

 

Il tema[2]

 

La famiglia Serassi, celeberrima costruttrice d’organi, presente lungo l’arco di centosettantacinque anni, è tra le più importanti della storia organaria mondiale. Si dedica all’arte organaria  per sei generazioni, dal 1720 al 1895; il suo nome è un simbolo, la sua arte, inimitabile e unica, è patrimonio culturale dell’Italia. La lunga serie di fatti che cadenzano la loro vita sembra non disturbare l’eccezionale operosità. Tra i  componenti ci sono illustri figure sia della storia organaria che della filologia italiana. Quanto alla prima emergono Giuseppe II e il figlio Carlo, considerati tra i più geniali organari della storia. Quanto alla seconda spicca l’eminente studioso abate Pierantonio, celebrato come un erudito senza pari, autore di fondamentali studi sul sommo poeta Torquato Tasso (1544-1595).

 

a) Propositivi di nuove idee

 

I Serassi, «maestri di tutti i moderni fabbricatori italiani», hanno fatto la storia dell’organaria, perfezionando l’organo detto barocco e dando origine a quello romantico-risorgimentale. Hanno lavorato a circa mille organi e sono stati protagonisti, con un ruolo di eccellenza, perché continuamente propositivi di nuove idee. Nelle officine sono state fatte molte invenzioni, miglioramenti, perfezionamenti meccanico-sonori (circa una cinquantina), che hanno contraddistinto la ditta dalle altre che, a loro volta, hanno influenzato l’organaria

italiana. Sono ben una cinquantina di voci. Un grande traguardo che indica modernità e ricerca. Per ottenere questi risultati la Serassi doveva avere la massima situazione favorevole: organizzazione, bravura delle maestranze, motivazione, qualità, collaborazione, efficienza e altro. I suoi strumenti, vere e proprie opere d’arte, in parte fortunatamente sopravvissuti, ci donano ancora tante emozioni sonore e visive.

 

b) Formidabili innovatori

 

Il loro vivere è governato dalle ferree antiche leggi famigliari, che valorizzano l’autorità degli anziani, il rapporto gerarchico tra i membri, l’enorme forza derivante dalla unità d’intenti e dalla solidarietà dei numerosi componenti. Esemplare è la stabilità e continuità di convivenza. Hanno come cardini la cultura (musicale, letteraria, matematica, fisico-meccanica), la laboriosità, la religiosità (nella dinastia Serassi si contano cinque sacerdoti, di cui quattro vissuti contemporaneamente e una suora). Sono dotati di carattere mite, di curiosità intellettuale e di spiccato ingegno inventivo; anche quando hanno raggiunto ricchezza e

notevole celebrità, non hanno altri interessi se non il lavoro. I Serassi ‘esplorano’ l’organo, lo osservano da più parti secondo il metodo galileiano, cioè scientifico. Da artigiani organari, studiano, sperimentano e usano le conoscenze scientifiche, per guardare oltre il ‘conosciuto’, in funzione della musica. Al tempo stesso, trovando il legame tra l’utilizzo e la sperimentazione, fondono l’innovazione con l’uso. Da qui il punto di forza, lo spirito che li muove. Sono tra i pochi organari che indagano le cause, i perché dei fenomeni fisico-meccanici e sonori dell’organaria. Dunque fanno sperimentazione, in quanto non basta ragionare e usare dei concetti se poi non li si mette alla prova. È ciò che fa Giuseppe II in Sugli organi. Lettere con le descrizioni e le osservazioni dei ritrovati.

 

c) Radicati nella tradizione

 

Quello che colpisce è la ragionata considerazione della versatilità della complicatissima  macchina, organo, da loro perfezionata e accresciuta per suonare come un’orchestra. È con questa consapevolezza che raccolgono eredità antiche e moderne e mettono in pratica le intuizioni tecniche e sonore. I Serassi non si perdono d’animo, malgrado le difficoltà tecniche, anzi sfidano le leggi fisiche e acustiche, pur di ottenere il miglior risultato. Il ben meritato successo è provato dal grande numero di pregevoli organi, dal plauso e favore raccolti ovunque, dai lusinghieri collaudi di celebri maestri, dai preziosi doni avuti, dai favori dei Principi, dagli ambìti incoraggiamenti di Imperatori e Papi, dai prestigiosi riconoscimenti legali, dai numerosi componimenti letterari. Le voci inimitabili dei loro strumenti hanno incantato musicisti, poeti, letterati, uomini di scienza e di fede: un’intera società.

 

d) Una ricca documentazione

 

Di questa abbiamo una ricca documentazione, soprattutto del secolo XIX, da cui è possibile stilare una particolareggiata analisi: circa duecentocinquanta atti pubblici nell’Archivio di Stato di Bergamo e nell’Archivio notarile di Bergamo; i Carteggi della ditta organaria e delle lettere ai familiari dell’abate Pierantonio custoditi nella Biblioteca civica Angelo Mai di Bergamo; le pubblicazioni di Giuseppe II: Descrizione ed osservazioni pel nuovo Organo nella Chiesa posto del SS. Crocifisso dell’Annunziata di Como (1808); Sugli organi. Lettere (1816); i due Cataloghi (1816, 1858) e le due Appendici fino al 1868; gli scritti sui Serassi di Giovanni Simone Mayr; la Biografia di Carlo Serassi celebre costruttore d’organi di Giambattista Cremonesi (1849); il metodo Norme generali sul modo di trattare l’organo moderno, proposte da Giambattista Castelli. Cogli esempi in musica del Maestro Vincenzo Antonio Petrali (1862); le cronache dei giornali dell’epoca; documenti di archivi parrocchiali; notizie sparse.

 

L’origine

 

L’origine dei Serassi o Sarazzi è a Cardano di Grantola in Valmenaggio nel territorio di Como. La famiglia Serassi si trova già a Cardano prima del 1600. Riportiamo gli anni di nascita dei componenti il ramo da cui deriva il capostipite organaro Giuseppe I: Pietro Antonio, figlio di Pietro e Giovanna de Seracis, anno 1621; Pietro, figlio di Pietro Antonio, anno 1640; Carlo Andrea figlio di Pietro, anno 1668; Francesco Giuseppe figlio di Carlo Andrea, 11 ottobre 1693, emigrato a Bergamo e capostipite organaro.[3]

 

L’attività in cinque periodi

 

Dividiamo l’attività Serassi in cinque periodi:

1° dal 1720, in cui si presume che Giuseppe I abbia iniziato a Bergamo l’attività di organaro, al 1760, anno della sua morte a Crema;

2° dal 1761, in cui titolare è Andrea Luigi, al 1817 anno della morte di Giuseppe II;

3° dal 1818, in cui titolare è la Fraterna Serassi, al 1849 in cui muoiono Carlo il Grande e Giuseppe III Federico;

4° dal 1850, in cui titolare è Giacomo, al 1870, in cui fuoriescono le maestranze;

5° dal 1871, anno del fallimento della Fratelli Serassi, al 1895, ultimo anno della sua esistenza.

 

Primo periodo: 1720-1760

 

Collocazione delle officine: Bergamo, via S. Tomaso

Maestranze: circa quattro-sei dipendenti (esclusi i titolari e famigliari)

 

Giuseppe il vecchio: autodidatta?

 

Il primo periodo, di quarant’anni, va dal 1720 al 1760 ed è per noi ancora oscuro. In tale periodo si ha il passaggio dell’organo classico all’organo barocco. Ignote sono le ragioni che spingono il giovane Giuseppe I (1693-1760) a trasferirsi a Bergamo, dove è presente già nel 1720. Oltre che suonatore di strumenti a fiato e d’organo, era abile nella meccanica, di cui ha una naturale predisposizione, ed è ingegnoso. Era un acuto osservatore degli organi Antegnati, allora numerosi, che prese a modello. Adoperava scelto e ottimo materiale, sia legno che metallo (stagno e piombo), e, per qualità di lavoro, presto si distinse tra i suoi colleghi. Viene da chiedere: da chi ha imparato il mestiere? Non ci sono notizie al riguardo, malgrado le diffuse ricerche di archivio. Ma dalle osservazioni del maestro Giovanni Simone Mayr (1763-1845) possiamo trarre importanti indicazioni. Il fatto che ne sottolinei l’ingegnosità, la predisposizione alle cose meccaniche, la naturale musicalità, benché le notizie le abbia prese dal nipote Giuseppe II, fa supporre che fosse un autodidatta, come capita spesso negli artisti di ingegno. La moglie Angela Maria Andreotti è sorella dell’imprenditore tessile Bonifacio di Como, che a Bergamo ha dei filatoi. È ipotizzabile che Giuseppe I fosse dapprima legato all’attività meccanico-tessile del cognato e si dilettasse nel suono degli strumenti a fiato e dell’organo; in seguito si diede all’attività di organaro. Ma occorre considerare un’altra versione, magari integrabile con la precedente, secondo cui Giuseppe I aveva avuto senz’altro esperienza di bottega da un bravo organaro. Il motivo è semplice: i dimensionamenti delle canne dei suoi strumenti, ad esempio Quarna (NO) 1728, sono troppo perfetti per essere di un autodidatta, ma conformi a quelli in uso nella migliore tradizione organaria lombarda (M. Isabella). Se teniamo conto che, all’inizio Settecento, nel territorio comasco erano attivi validissimi organari, quali Reina, Bossi, possiamo pensare che egli sia stato a bottega da uno di questi.

 

 

«… talento singolare nell’arte organica di costruire organi»

 

Nel 1727 Giuseppe II acquista un ampio palazzo nell’importante via S. Tomaso, dove ha le officine e vi lavoravano circa quattro-cinque persone. Genera sei figli, di cui tre femmine e tre maschi. In casa particolare è la cura e la predilezione per tre cose: la musica, la cultura letteraria, la religione. Maria Cristina (1723-1756) è promettente cantante. I tre figli maschi si fanno tutti preti (Andrea Luigi dopo essere rimasto vedovo). Figura di grande valore intellettuale ed umano, determinante per la fortuna della Fabbrica d’Organi Serassi, è il Pier Antonio (1721-1791), abate, fra i più grandi eruditi del suo secolo. La Fabbrica d’organi diviene celebre grazie ad Andrea Luigi (1725-1799) coadiuvato dal fratello abate Giambattista (1727-1808).

 

Invenzioni, perfezionamenti e miglioramenti

 

Giuseppe I, che «studiava ogni maniera di progresso» fece tanti miglioramenti da «distinguersi sopra tutti i suoi coetanei»:

 

• creò il registro di Flauto reale o Flutta «al naturale»;

• inventò i registri ad ancia Fagotto ed Oboe, in sostituzione dei registri di legno Tromboncini bassi e soprani;

• introdusse, per la prima volta, le canne ottavianti di Flauto, cioè di altezza doppia rispetto al suono prodotto;

• perfezionò progressivamente il somiere a vento;

• ridusse a giusta proporzione i somieri;

• equilibrò il vento prodotto dai mantici;

• mise nel metallo per le canne (allora solo di solo piombo), una buona percentuale di stagno (circa il venti per cento);

• migliorò i congegni meccanici.

 

Secondo periodo: 1761-1817

 

Collocazione delle officine: Bergamo, via S. Tomaso; via S. Caterina

Maestranze: da sei a venti (esclusi i titolari e famigliari) Il secondo periodo, di cinquantasei anni, va dal 1761 al 1817.

 

È strategico nell’organaria Serassi, perché si passa dalla concezione classico-barocca a quella romantico-risorgimentale. In questo lasso di tempo si attuano importanti cambiamenti tecnico-sonori. Suddivideremo questo periodo in due momenti: dal 1761 al 1780 (di diciannove anni), anno di fine elenco degli organi costruiti, ma senza datazioni, riportati dal Catalogo II; e dal 1781, in cui si inizia a riportare l’anno di fabbricazione, al 1817 (di trentasei anni), anno della morte di Giuseppe II.

 

Primo momento

Nel 1761 Andrea Luigi subentra al padre Giuseppe I come titolare dell’azienda e la porta in breve «a decisa fama». In tale periodo si creano nuovi meccanismi, nuovi registri e si studiano continui perfezionamenti. Dal 1770 collabora il figlio Giuseppe II, di venti anni. In quell’anno l’iscrizione della titolarità sulle canne è Andrea e Giuseppe Serassi. Il loro mercato si estendeva già in vari stati della penisola italiana. In tale primo momento risaltano le figure di Andrea Luigi e del fratello abate Giambattista.

 

Andrea Luigi: una figura di spicco. L’abate Giambattista

 

Andrea Luigi, organista e compositore per diletto, diede sviluppo alla ditta. Appare come una persona fragile e timida, ma in realtà è decisa, concreta e scrupolosa. Per dedicarsi meglio al lavoro d’organaro si fece dispensare dalla recita quotidiana dell’ufficio, grazie all’interessamento del fratello abate Pierantonio residente a Roma. L’abate Giambattista è figura determinante nella conduzione dell’azienda. Ha approfondite cognizioni non solo dell’arte di fabbricare gli organi e nel porli in opera, ma anche della scienza musicale. È, infatti, apprezzato organista della chiesa della propria parrocchia  di S. Alessandro della Croce dallo stesso maestro Mayr. Colla sua non comune maestria musicale sapeva suscitare ammirazione e «diletto straordinario» negli ascoltatori. Per dedicarsi meglio al lavoro nelle officine si fece dispensare, dopo il fratello Andrea Luigi, dalla recita quotidiana dell’ufficio poiché questo impegnava troppo tempo.

 

Secondo momento

Dal 1781 al 1817 vengono costruiti centosessantasei organi in trentacinque anni, con una media di 4.6 organi per anno. Questo richiedeva una fabbrica ben organizzata, con almeno dieci lavoranti. Le officine erano situate in via S. Tomaso, nell’abitazione di famiglia, in locali ampi, luminosi e asciutti. Dal 1781 gli organi diventano opere gigantesche: di 16 piedi sull’ordine di 32 piedi, anche di tre mila canne. Le nuove invenzioni e i perfezionamenti richiedono notevole capacità organizzativa e motivazione delle maestranze. Questo momento è caratterizzato dal genio di Giuseppe II (1750-1817), «maestro» e «modello» per i propri contemporanei.

 

Giuseppe II: geniale e «sommo artista»

 

Ed è proprio Giuseppino, cioè Giuseppe Antonio, il genio dei Serassi. Arriva a tanta celebrità da essere considerato il più grande artista organaro del suo tempo, perché, con le sue invenzioni geniali, porta l’organo italiano al massimo sviluppo. Nel 1781-82 è realizzata una delle più straordinarie opere d’organaria del tempo: i due organi in Sant’Alessandro in Colonna in Bergamo opp. 193-194, collegati da una meccanica sotterranea di trentatre metri sospesa su pendoli, con la quale è possibile suonare l’organo contrapposto stando ad una unica consolle, opera, in gran parte, ancora godibile. È anche dotto storico e scrittore: è il primo che scrive sull’organaria e ne tratta i problemi. Genera quattordici figli di cui sette sopravvivono (sei maschi e una femmina). È ben consapevole del grande ruolo svolto dalla propria famiglia nella storia dell’organaria italiana. I figli di Giuseppe II che continuano l’attività organaria sono, in ordine di nascita: Andrea (1776-1843), Carlo (1777-1849), Alessandro (1781-1870), Giuseppe III (1784-1849), Giacomo (1790-1877), Ferdinando (1792-1832). Dopo la morte del padre formano la Fraterna Serassi, cioè vivono in comunione domestica, lasciano il patrimonio indiviso.

 

«… i più eccellenti Fabbricatori d’Organo»

 

Nel 1792-96 è realizzato l’organo op. 259 della chiesa di San Liborio di Colorno (Parma), della Reale Villa Ducale di Sua Altezza Regia l’Infante (principe del sangue della famiglia reale) Duca di Parma, Don Ferdinando di Borbone, «di sempre gloriosa ed immortale memoria», organo di «Piedi 16 a due tastiere con principale di Piedi 32 a due Tastiere», composto di «82 registri, e canne 3144 di stagno fino».[4] Nel 1808 è costruito l’organo della chiesa del Santuario del SS. Crocifisso a Como (op. 318), «il più grandioso e più complicato, che a quell’epoca si conoscesse». A titolo esemplificativo riportiamo l’autorevole parere del noto maestro Paolo Bonfichi (1769-1840), riguardo il citato organo, «uno dei più grandi organi di questa classe»:

 

a) per quanto riguarda la voce delle canne: chiarezza; vivacità di suono senza urlo e grido; robustezza; profondità senza confusione cioè con la distribuzione dei suoni in maniera esatta con criterio e con ordine; imitazione esatta dei più noti strumenti; accordatura eccellente;

 

b) per quanto riguarda la meccanica: facilità e prontezza di tutti i meccanismi; solidità; robustezza di tutte le componenti dello strumento; tant’è che il merito è ancora maggiore se si tiene conto della grande difficoltà «di costruire a perfezione una macchina così complicata, e grandiosa». Nel 1811 il noto teorico musicale maestro Carlo Gervasoni (1762-1819) da Parma definisce gli organari bergamaschi: «i più eccellenti Fabbricatori d’Organo».

 

«Sugli organi. Lettere» 1816

 

Lo scritto Sugli organi. Lettere di Giuseppe II è tra i più rilevanti della cultura organaria italiana.[5] È un volumetto di settantacinque pagine, in forma epistolare in auge nei primi decenni dell’Ottocento. Contiene quattro lettere indirizzate a tre musicisti, figure di rilievo dell’ambiente musicale lombardo del tempo: l’«amatissimo maestro» bavarese-bergamasco Giovanni Simone Mayr; il milanese Carlo Bigatti (1719-1853) maestro di Cappella di S. Celso in Milano; il lodigiano frate servita Paolo Bonfichi. Le prime due, indirizzate a Mayr, sono datate 10 agosto 1815 (pp. 5-17, 18-30); la terza, a Bonfichi, è del 2 agosto 1815 (pp. 31-50); la quarta, a Bigatti, è del 10 ottobre 1815 (pp. 51-75). Le pagine contengono un profondo legame con la tradizione e sono un efficace mezzo di riflessione e di discussione. Gli insegnamenti del passato, infatti, diventano importanti non solo per confrontarsi ma per avere certezze.

 

L’importanza de Sugli organi. Lettere sta in questo:

 

• è una rarità perché è scritto con ricchezza di molte notizie;

• fotografa la situazione organaria lombardo-italiana di fine Settecento e inizio Ottocento;

• non si limita a fare delle considerazioni di carattere locale, ma guarda ampiamente ad altre realtà italiane e d’oltralpe;

• tratta con competenza più temi: organari, storici, musicali, letterari, tecnici, liturgici e altro;

• confronta le proprie idee e la propria esperienza con quelle di altri organari, di maestri di musica e di scienze esatte;

• dà notizie e aneddoti di prima mano;

• esprime mentalità, modi di vedere influenzati dal pensiero illuminista francese;

• «presenta un limpido riflesso» dei gusti, della cultura, della esperienza tecnica di un grande organaro.

 

Sono evidenziati:

 

• l’ammirazione verso gli Antegnati;

• l’apprezzamento di colleghi quali Biroldi, Montesanti;

• lo scetticismo sull’organaria francese;

• le critiche alla scuola veneta, mitigate da alcune valutazioni positive;

• le notizie di numerosi organari e cembalari quali: Amati, Bèdos de Celles, Bernardo d’Argentina, Biroldi, Bolognini, Bonatti, Bossi, Burtii, Cadei, Callido, Carrera, Chiesa, Colonna, Conconi, Della Ciaja, Elli, Fontana, Gabler, Giovanni Fiammingo, Hermans, Montesanti, Nacchini, Frate di Lisbona, Frate de’ Minimi di Pontremoli, un organaro francese a Nizza, un organaro napoletano a Piacenza, Pagini, Perolini, Piccinardi,

Poncini, Prati, Prestinari, Ramai, Roland, Traeri, Tronci, Valvassori;

• il contratto del 1566 dell’organo Antegnati di S. Spirito in Bergamo stipulato dal celebre organaro  bresciano Graziadio;

• l’invenzione dei borsini del somiere «a vento»;

• la creazione del meccanismo Terza mano;

• l’ideazione dell’estensione della tastiera a 69 tasti;

• il ritrovamento dell’Unione delle tastiere;

• le vicende che hanno preceduto e seguito la straordinaria invenzione del collegamento meccanico sotterraneo degli organi di S. Alessandro in Colonna a Bergamo (opp. 193, 194 a. 1781); e altro.

 

L’opera si rifà a un precedente opuscoletto del 1608 (207 anni prima) di sedici pagine: L’Arte organica. Dialogo tra padre et filio, di Costanzo Antegnati (1549-1624). Cambia il modello, la forma, ma il fine è lo stesso:

 

• parlare e trattare di organaria, sotto l’aspetto storico, sociale, tecnico, musicale, liturgico;

• fare propaganda della famiglia e della fabbrica;

• dare un «galateo per li Signori organisti», cioè norme comportamentali di buona.

 

 Il libretto è espressione delle nuove idee illuministiche che si stavano diffondendo in Europa, in particolare dell’importanza della sperimentazione, della storiografia, del metodo, di cui lo zio, il celebre erudito abate Pierantonio, era il maestro.

 

Invenzioni, perfezionamenti e miglioramenti

 

In questo secondo periodo, le invenzioni, miglioramenti e perfezionamenti sono parecchie.

Ricordiamo:

 

• l’aggiunta nel Ripieno di più registri di Principale;

• la sostituzione dei vecchi Tromboni e Tromboncini di legno, di tradizione veneta, con canne di stagno di 4, 8, 16 piedi;

• il perfezionamento delle canne ad ancia;

• il perfezionamento dei registri già conosciuti;

• l’aggiunta all’organo di nuovi e numerosi strumenti o registri;

• l’utilizzo di alcuni registri ad ancia quali: Arpone, Corno Inglese e Corna musa;

• la creazione del Tiratutto preparabile (1776);

• l’uso per la prima volta delle canne dei registri Violone, Violetta, Viola;

• l’invenzione del registro Timballi o Timpani (1761);

• l’uso delle canne en chamade orizzontali all’altezza del somiere maestro sopra la testa dell’organista, di tradizione iberica (1791 ca);

• il miglioramento della meccanica;

• l’uso del registro Oboe soprani in ottone in posizione pettorale (1787);

• la divisione del vento con mantici separati;

• l’invenzione della meccanica sotterranea sospesa su pendoli per collegare i due organi contrapposti (1781-82);

• la creazione dei borsini del somiere (1792-96);

• l’ideazione dell’unione delle tastiere (1808);

• l’aumento della tastiera a sessantanove tasti (1815);

• il meccanismo «piano forte organico» per dare la gradazione dal dolce ovvero piano al forte (1815);

• i meccanismi della Terza mano e Quarta mano (1815);

• l’uso di canne di “scorta” con cui ritoccavano le progressioni delle canne «al fine di proporzionare  perfettamente le sonorità dell’ambiente» (M. Isabella).

 

Terzo periodo: 1818-1849

 

Collocazione delle officine: Bergamo, via S. Tomaso; via S. Caterina; via Pelabrocco (dal 1843). Maestranze: da 20 a 30 dipendenti (esclusi i titolari e famigliari).

 

Il terzo periodo, di trentuno anni, va dal 1818 al 1849. Lo abbiamo definito come quello della Fratelli Serassi senior, periodo, come abbiamo detto, della realizzazione degli organi di Desenzano. Si manifesta lo stile romantico-risorgimentale, frutto di complesse dinamiche popolari, melodrammatico-sentimentali, politico-religiose che la Serassi interpreta in modo straordinario. Dopo la morte di Giuseppe II la ditta diventa Fraterna, cioè i sei fratelli vivono in comunione domestica, lasciando il patrimonio indiviso. Nella ditta sono presenti due agenti: Attilio Mangili di Bergamo, per trentuno anni, dal 1818 al 1849, e Giambattista Castelli di Clusone, per ventiquattro anni, dal 1846 al 1870. La Serassi attraverso questi è organizzata come azienda moderna, secondo il Codice di commercio lombardo-veneto del 1818, così da far fronte alle nuove esigenze aziendali e di marketing.

 

Centosessantacinque organi in diciassette anni

 

Secondo il Catalogo II la ditta in tale periodo lavora duecentotrentaquattro organi, dal n. 365 al n. 599, in media 7.5 per anno. Ma in realtà sono molti di più, come risulta dalla documentazione presentata nel 1846 all’Imperiale Regio Governo Austriaco, per ottenere il titolo di Imperiale Regia Fabbrica Nazionale Privilegiata. Gli organi costruiti, o variamente lavorati, dal 1830 al 1846 (in diciassette anni), sono centosessantacinque, per un valore di Lire austriache 1.733.775:00, mentre nel Catalogo II ne sono contati centoventuno (dal numero di opera 466 al 587), con una differenza di quarantaquattro organi in diciassette anni (2.5 per anno). Calcolando per analogia gli altri anni (dal 1818 al 1823 e dal 1847 al 1849) nel terzo periodo gli organi lavorati dovrebbero aggirarsi sui trecentoquindici, dunque con una differenza rispetto al Catalogo II di ottantuno unità in più.

 

I Fratelli Serassi «fabbricatori ed Inventori d’Organi sublimi di nuova specie»

 

Nel 1824 i sei fratelli sono detti: «fabbricatori ed Inventori d’Organi sublimi di nuova specie». Hanno diverse mansioni: Andrea era addetto all’amministrazione; Carlo intonava; Alessandro, che dal 1831 non partecipa alla fraterna, era delegato alla costruzione delle canne; Giuseppe III Federico stava nelle officine e talvolta sui cantieri come intonatore; Giacomo dirigeva le officine; Ferdinando, mancato ancor giovane, era incaricato delle relazioni con la committenza. Tra questi spiccano quattro figure: Ferdinando, Carlo, Giuseppe III Federico e Giacomo, «Proprietari e Artisti», celibi, che furono gli artefici degli organi di Desenzano nel 1826 e 1837. La loro bravura fu tale da renderla proverbiale. L’analisi della loro vita da una parte è semplice (casa e lavoro), dall’altra è straordinaria. Si parla di onoratezza, onestà, probità, lealtà, sincerità, giustizia, rettitudine e discrezione, virtù rarissime nel commercio. Si potrebbe sintetizzare dicendo che sono «i più rinomati e discreti» (1837), la cui somma perizia è ovunque conosciuta. Oltre che per l’eccellenza del mestiere, erano ammirati per la rara virtù della modestia. Ne sono un eloquente esempio le lodi del vescovo Antonio Maria Gianelli, agli onori degli altari, che più volte ha sperimentato la loro rettitudine.

 

Ciascun organo era diretto e portato a termine da un singolo fratello

 

Molte volte si pensa che gli strumenti fossero fatti con criteri standardizzati. Dalla documentazione risulta il contrario. Parecchi componimenti letterari erano dedicati specificatamente a uno o più fratelli sommo Artista, che avevano portato a termine la collocazione dell’organo e davano la propria impronta. Ciò vuol dire che gli organi venivano costruiti non con un criterio standardizzato, ma differenziato, in quanto generalmente diretti e collocati da un singolo fratello, responsabile della costruzione, il quale dava la propria ‘impronta’. Lo si capisce chiaramente dai numerosi componimenti poetici e dalle cronache giornalistiche. Riportiamo un breve profilo di ciascuno.

 

Ferdinando è delicato di salute. Dal suo operare possiamo dire che era scrupoloso e molto capace. Dal carattere timido, si teneva volentieri in disparte. Sue erano le competenze delle relazioni sociali e amministrative. La morte lo colse a trenta otto anni.

 

Carlo è il «genio inventivo», da noi chiamato «il Grande». Con instancabile operosità toccò «l’estrema perfezione». È considerato uno dei più grandi organari della storia. Su di lui è pubblicato un volumetto agiografico (1849) di G. B. Cremonesi.[6] Lo contraddistingueva un carattere amabile. Alcuni componimenti poetici danno l’idea di quanta ammirazione ci fosse nei suoi confronti:

 

Nel 1822

«CARLO, anche Italia grido alto suona

De’ merti tuoi».

«Tu parti, o Carlo, è ver; ma in ogni core

Lasci del tuo gran merto alta memoria

Coll’Eccelsa Opra tua, col tuo splendore».

Nel 1825

«Ma tu gran CARLO d’armonia maestro.

Al di cui merto tutta Italia plaude

Ostenti quanto puote un facil estro».

 

Nel 1832

«O mio SERASSI, tu che vinci e oscuri

I fasti suoi, d’Opra si bella al merto

Andrai famoso per li dì venturi».

 

Nel 1841 la Gazzetta Privilegiata di Milano, in occasione della costruzione del grandioso organo della collegiata di Caravaggio (op. 555), riporta che «più d’ogni altro seppe perfezionare uno dei più ingegnosi ritrovati dell’uomo». Significativo è l’elogio di un estimatore: «che vi sarà sempre grato il sentire che le vostre opere sono da tutti ammirate». E a dodici anni dalla scomparsa, è ricordato ancora come «instancabile e peritissimo». Al termine di questo quadro riportiamo un significativo sonetto del 1849 che ne sintetizza

le qualità con suggestive metafore:

 

CARLO SERASSI

Ingegno solerte paziente fortunato

Ispirato dalla scintilla della potenza del genio

Da cui fu levato alle più sublimi invenzioni

Recò ad un sentimento d’estasi

Ed alzò l’arte sua

Fin dove ad uomo è concesso

La difficile senna e l’austero Tamigi

Confermando col suggello

Della loro grave autorità

Le scoperte e i perfezionamenti

Del celebre artista bergamasco

Primo fra i sommi costruttori d’organi

Lo salutano.

 

Giuseppe III Federico «capacissimo d’ultimare qualunque siasi opera», un po’ all’ombra di Carlo, era «attivo, solerte, studioso». Aveva carattere mite e schivo. Il lavoro lo assorbiva così tanto che la sua gioia «aveale attinta dalla officina più assai che dal mondo». Provvedeva da sé, cioè progettava e dirigeva, «sia la costruzione ed il collocamento degli organi anche i più grandiosi e più complicati». Ci dilunghiamo su questa

figura perché è stata sempre ricordata di sfuggita, mentre è una figura di primo piano nella Fratelli Serassi. La sua pazienza nel lavoro è molto superiore a quella di Carlo. Riceve elogi, non solo per l’arte e la maestria con cui sapeva fare le cose, ma per lo scrupolo e l’impegno profuso. Gli sono dedicate parecchie rime. Nel 1849 Cremonesi ricorda che Giuseppe III Federico acquistò nell’arte organaria, a cui si era «consacrato», non meno celebrità del fratello Carlo; inoltre che nelle officine praticava tale arte con ammirevole impegno, dando ai lavoranti insegnamenti preziosi. Ecco alcuni eventi che le cronache giornalistiche sottolineano per le particolari doti umane e professionali dimostrate:

 

- nel 1825 a Feletto «sotto la sua direzione» colloca uno straordinario strumento «sontuoso »; il giornale Gazzetta Piemontese del 1826 così ne loda l’opera:

 

«il signor Giuseppe Serassi corrispose non solo alla nostra aspettazione, ma la superò»;

 

- nel 1827 a Rudiano:

«Quella, o Serassi, è di tua man valente

L’opera illustre, ed assai più che altrove

Si fe’ palese infra la nostra gente.

Già la fama, che ovunque i passi move,

Del tuo gran merto ne parlò sovente».

 

- nel 1837 Desenzano (Brescia):

«Fatta

dal celebre Signor

Giuseppe Serassi bergamasco

la ristorazione

dell’ottimo antico organo

della

Chiesa Parrocchiale di Desenzano».

 

- nel 1837, in occasione dell’organo della Cattedrale di Lodi, op. 531, il giornale Gazzetta della Provincia di Lodi e Crema evidenzia

«lo zelo, e la singolare abilità»;

 

- nel 1843 Il Messaggiere Torinese tesse lodi per la collocazione del magnifico organo della cattedrale di Cuneo, op. 564

«fra i migliori finora costrutti in Italia»;

 

- nel 1844 è scritta una significativa epigrafe a seguito dell’organo collocato nella chiesa della Carità in Tivoli, anno 1844 op. 573:

 

Tributo di verace laude

A

Giuseppe Serassi

Da Bergamo

Primo fra gli itali

Vincitore

Dei più egregi di Francia e di Spagna

Emulo ardimentoso dei sommi di Germania

Che nella fabbricazione degli organi

In ogni secolo fiorivano

Ad eccitamento delle preghiere

Dei figli del riscatto

Quale incenso salienti a Dio

Il generoso nell’industre lavoro

Più che al guadagno mirante alla gloria

Operatrice di portenti

Nella chiesa della carità in Tivoli

Un organo di finezza massima

Opera di classico magistero

Degno monumento di storia patria

Componeva e completava

Nell’aprile dell’anno MDCCCXLIV

Il priore antonio Taddei

Ed i confratelli

 

Giacomo è direttore delle officine, funzione assai importante e centrale dell’attività serassiana in quanto segue il lavoro delle maestranze passo dopo passo. Il suo nome non emerge nelle dediche dei componimenti poetici, ma la sua azione è determinante per il successo della ditta. A lui spetta:

 

• determinare i costi dei prodotti, sia generali che particolari;

• sorvegliare e coordinare le maestranze;

• guidare le scelte tecniche;

• organizzare il lavoro;

• acquistare le materie prime e i semilavorati;

• rapportarsi con l’agente per questioni tecniche e amministrative.

 

Se pensiamo che le officine sono state le più celebri d’Italia per quasi un secolo (dal 1780 al 1870), e tra le più note d’Europa, capiamo quanto importante e determinante fosse la sua figura di persona schietta, esigente e precisa.

 

Lo stabilimento «… uno dei più magnifici che esistano»

 

I tre fratelli portarono la ditta, «che ormai ha riempito delle proprie opere tutta Italia con ognor crescente plauso ed ammirazione», ai vertici dell’organaria italiana ed europea tant’è che numerosi furono gli incoraggiamenti avuti da distinti personaggi e dagli augusti principi regnanti che, più volte, come diremo, visitarono lo stabilimento. I Serassi erano fondamentalmente dei pragmatici: miravano all’efficienza, alla solidità e alla durata delle componenti. L’elevato numero di strumenti che uscivano dalle celebri officine, richiedeva maestranze ben organizzate che, ipotizziamo verso il 1837 (epoca di collocazione dell’organo di Desenzano), fossero circa venticinque, esclusi i fanciulli con funzione di assistenza. Sono organi di notevole qualità nella solidità delle componenti e nella sostanza del suono. Questi strumenti diventano dei modelli per gli altri costruttori italiani. Nel 1823 acquistano e ristrutturano un grandioso palazzo, tra i più belli della città. Nel 1828 il Giornale d’indizj di Bergamo, definendo l’arte organaria un «ramo importantissimo»  dell’industria bergamasca, riferisce alcune caratteristiche delle officine: lo splendido corredo di macchine; la visita degli stranieri; la sua rinomanza anche all’estero. Queste, situate in via Pignolo, distribuite in locali ampi luminosi asciutti, sono dotate di macchine moderne, lavoranti pagati, allievi giovani qualificati e con istruzione. Nel 1829 si parla di «grande Fabbrica ». Nelle cronache giornalistiche del 1830 le officine sono descritte come straordinarie, per «le nuove ingegnosissime invenzioni». Nel 1835 è detto che da esse provengono «le opere le più stupende e solide, e di longhissima durata». C’è un ampio salone ellittico dove vengono offerte pubbliche Accademie musicali di notevole spessore artistico. La fabbrica viene visitata tre volte dai principi di Casa d’Austria: nel 1825 dalla stessa Imperatrice Carolina Augusta di Baviera (1792-1873); nell’agosto 1827 dalla vice Regina e nel 1834 dall’arciduca Giovanni d’Austria fratello dell’Imperatore Francesco I. Verso il 1842-43, allorché fu ultimato il grandioso palazzo di via Pelabrocco, le officine vennero collocate al primo piano, a cui era dedicata una grande porzione del palazzo. Il salone di prove degli organi, capace di circa cento persone, è usato anche per pubbliche Accademie. Dal 1818 al 1849 Agente e procuratore generale è Attilio Mangili. L’organo serassiano raggiunge il suo massimo potenziale espressivo; è il naturale sviluppo e perfezionamento dell’organo-orchestra iniziato da Giuseppe II. Nel 1846 l’Imperiale Regio Governo Austriaco con decreto elevava lo stabilimento al titolo di Imperiale Regia Fabbrica Nazionale Privilegiata con il diritto di fregiarlo dello stemma dell’Aquila Imperiale quale riconoscimento per la sua straordinaria attività di ricerca e sviluppo.

 

Alcune caratteristiche

 

Nel 1849 Cremonesi individua alcune importanti caratteristiche delle officine:

 

• non esisteva fabbrica d’organi di qualche entità che i nostri non visitassero;

• non c’era un nuovo congegno che non prendessero ad esame;

• in ogni utile invenzione facevano ricerca;

• sottoponevano ogni cosa ad un approfondito e ragionato esame;

• le loro officine erano modello d’ogni altra ditta organaria a motivo dei mezzi, dei locali, del numero di allievi, dei lavoranti e dell’istruzione. E descrive la fabbrica come bella, simmetrica, ordinata, ornata, semplice, razionale.

 

Invenzioni, perfezionamenti e miglioramenti

 

Anche in questo terzo periodo sono numerosi le invenzioni, i miglioramenti, i perfezionamenti.

Ricordiamo:

 

• la divisione del vento per le canne di legno e per le canne di metallo.

• il perfezionamento della Banda turca per «la pìù perfetta imitazione della banda

militare» (1819 ca);

• i pedaletti accessori dei registri che servono a far entrare «anche a istantanei dettagli» qualsiasi registro senza distaccare le mani dalla tastiera (1821 ca);

• il Tiratutto per i soli registri ad ancia;

• l’aggiunta del registro al pedale Bombarde di 16 piedi di dodici canne a lingua in ottava profonda (1825 ca);

• la Gelosia o Grillas avanti l’organo eco (1827);

• il miglioramento generale della meccanica;

• la sostituzione delle catenacciature di ferro «ai rotoli di legno» nelle meccaniche delle tastiere e quella «delle stasole [pezzi di legno] rotonde» ai fili di ferro;

• l’applicazione del registro Trombe a squillo di ottone a pressione differenziata (1825 ca); successivamente venne ideata la collocazione sul parapetto della cantoria,

tipo organo tergale, con meccanica sotto il piano della cantoria (1845);

• l’aumento delle canne di ottava alta al Principale 16’ piedi, ora formato di quarantotto canne;

• la riduzione delle canne Contrabassi 16’ al numero di sei, applicandovi altrettante valvole di «propria invenzione» per il suono dei semitoni;

• il Distacco del tasto dal pedale (1843);

• l’applicazione dei rinforzi di latta ai piedi delle canne dei registri ad ancia.

 

Quarto periodo: 1850-1870

 

Collocazione delle officine: Bergamo, via S. Caterina; via Pelabrocco.

Maestranze: oltre trenta dipendenti (esclusi i titolari e famigliari).

 

Il quarto periodo, di ventuno anni, va dal 1850 al 1870. Lo abbiamo definito come quello della Fratelli Serassi junior. Anche questo è di grande produzione e qualità. Giacomo, dopo la morte di Carlo e di Giuseppe III Federico, è, fino al 1862, l’unico titolare responsabile. È aiutato dai tre nipoti figli di Alessandro, Giuseppe IV (1823-1895) Carlo II (1828-1878) e Vittorio (1829-1903); agente e gerente dal 1849 al 1870 è Giambattista Castelli (1813-1885). Il compito di Giacomo è essenziale: firmare i contratti ed ogni altro atto amministrativo, quale la corrispondenza, tradurre i progetti in opere, pensare alle risorse delle materie prime, organizzare il lavoro, motivare le maestranze e altro.

 

«… magnifico stabilimento, coperto dallo splendore della loro rinomanza»

 

Nel 1851 la Serassi ha la capacità di lavorare, contemporaneamente, a sei organi nuovi di grosse dimensioni. Si parla di: «magnifico stabilimento»; «famiglia artistica» dove «scienza meccanica è ereditaria»; costruzione d’organi quale «glorioso legato» di «invenzioni »; «molte aggiunte e tutte nuove e utilissime» e altro. Successivi pareri indicano il notevole prestigio: «rinomatissimo Stabilimento Serassi» (1853); «dall’officina Serassi non può uscire se non opera lodevolissima» (1853) e altro. Ma si era sparsa la voce che la ditta, dopo la morte di Carlo e Giuseppe III Federico, sarebbe scesa di qualità e che forse si sarebbe sciolta. Di fatto la Serassi non solo mantiene l’eccellenza, ma migliora l’efficienza: espande la propria opera, accresce la gloria, l’onore, la stima in quanto sviluppa i perfezionamenti e porta a compimento ragguarde-

voli commissioni. Si parla di «raddopio delle sollecitudini e di attività», di «tesoro dei speciali miglioramenti e scoperte», dell’«opera dei più provetti e distinti lavoranti». La fabbrica era silenziosa, organizzata: «... ed eseguendo le costruzioni delle loro opere nel silenzio delle loro officine ...». Nel 1858 il gerente Castelli, abile e intelligente amministratore, organista dilettante, cura un nuovo Catalogo degli organi arricchendolo dell’albero genealogico della famiglia (riportato all’inizio del presente contributo) e di importanti documenti relativi all’attività dei Serassi e successivamente lo aggiorna fino al 1868. L’organo serassiano, scrive Castelli nella prefazione al Catalogo, lungo i decenni «è portato a tanta perfezione, e a tanta ricchezza di strumentazione di nuovi congegni da offrire i più svariati e più gradevoli effetti armonici». Dal 1862 estende i suoi mercati in America latina, dove collocò otto organi.

 

«… stupendi e mirabili lavori»

 

Nel 1862 il noto maestro Felice Frasi (1805-1879) parla di «stupendi e mirabili lavori». Castelli nel 1862 pubblica il metodo d’organo Norme generali sul modo di trattare l’organo moderno con esempi musicali del noto maestro organista Vincenzo Petrali; con questo egli codifica il modello d’organo serassiano anche dal punto di vista teorico; il metodo viene adottato ufficialmente dal Regio Conservatorio di Milano per gli allievi che si applicano allo studio dell’organo. L’organo serassiano è ormai per antonomasia l’organo ottocentesco italiano.

 

Le officine nel 1861 e 1863

 

Nel 1861 abbiamo dati certi sulla consistenza delle officine, desunti dai «Riassunti compilati dall’ufficio di statistica presso la Regia Prefettura della Provincia di Bergamo». Le informazioni ci consentono di definire in generale i fattori di produzione (lavoro, natura, capitale) e in particolare: la quantità e il valore delle materie prime; i prodotti ottenuti; il combustibile necessario per la fusione dei metalli; il numero delle maestranze (ventinove uomini e due ragazzi); la retribuzione giornaliera (da Lire italiane 5:00 a 40:00) e annua (Lire italiane 25.700:00); e altro. La costruzione degli organi è affidata a più persone specializzate. Da un’indagine statistica del 1863, a cura del Ministero di Commercio e Industria, risulta che il personale occupato, di trentatré addetti, è così composto (Giacomo ha settantuno anni): un agente, tre accordatori, quattro addetti alle canne di metallo, sei alle canne di legno, quattro ai somieri e ai mantici, due alla meccanica, tre fabbri, due alla fonderia e alla trafila, otto garzoni; tutti i lavoranti sono bergamaschi; a questi si aggiungono i ragazzi al di sotto dei quattordici anni. Hanno il rimborso di ogni spesa di viaggio ed un assegno quotidiano per il vitto e l’alloggio durante i lavori fuori Bergamo. Si dichiara, inoltre, che la ditta ha la capacità di produrre in un anno cinque organi nuovi di media grandezza, cioè: di centoventicinque canne di legno, millequattrocentocinquanta canne di metallo e cinque mantici; infine che il valore dello strumento aumenta di molto a causa del suo collocamento, operazione difficile e delicata; si tratta, infatti, non solo di far interagire migliaia di componenti, con sincronia meccanica, ma di creare un’opera artistica musicale; ciò determina il pregio del manufatto e il successo dell’opera. Nel 1864 Castelli sottolinea che l’officina è «l’unica per la sua originalità», e che «si pone a modello di originalità di ogni altra di egual natura». Sullo stesso piano dell’edificio c’è anche la grande sala di prova degli organi con funzione anche da sala da concerti.

 

I fattori della produzione

 

Interessante è anche la specifica dei fattori di produzione:

- materie prime facilmente reperibili: legno di noce, legno di abete (detto anche pecchia), pelli, osso, ferro, stagno, piombo, ottone, colla di garavella;

- lavoro, inteso come capacità di tradurre le materie prime in prodotto finito, con varie specializzazioni: fonditori, trafilatori, intonatori, costruttori di canne di metallo e di legno, falegnami di somieri e di mantici, meccanici, fabbri;

- capitale, conosciuto come l’insieme di strumenti e di macchine per trasformare le materie prime: cilindri in ghisa per trafilare i metalli e altri piccoli cilindri a mano; fonderia per i metalli; officina di falegname; forme, dime, pialle, compassi, saldatori, ferri, strumenti diversi; officina da fabbro; forza idraulica per l’azionamento delle macchine di laminatura; combustibile: carbone castanile, legna mista; e altro. La laminazione delle lastre è nel Borgo S. Caterina, dove il macchinario è azionato «da ruota idraulica a secchie con l’acqua della Roggia Nuova», dapprima ad uso filatoio. Questo è fatto da due macchine di cilindri in ghisa, che lavorano per tre ore al giorno, «con la assistenza di due Lavoranti»; e da sei piccoli cilindri a mano che lavorano quattro ore al giorno con «tre Lavoranti ogni due cilindri».

 

Invenzioni, perfezionamenti e miglioramenti

 

Nel quarto periodo le principali invenzioni perfezionamenti e miglioramenti sono:

 

• lo scambio «dell’intera mezza tastiera» dai bassi ai soprani e viceversa (il così detto metodo Brini) (1857);

• l’Ostinazione tasto pedale per il quale uno o più tasti rimangono premuti in continuazione (1858 ca);

• l’adozione di dadi a vite nei fili che collegano i ventilabri alla tastiera, per cui è possibile regolare l’esatta altezza dei tasti;

• un continuo perfezionamento della meccanica;

• una particolare cura e finitezza di lavoro anche negli accessori;

• l’applicazione di un solo mantice tipo Cummins con un mantice regolatore, che sostituisce il sistema di molti grossi mantici a cuneo.

• l’azionamento della manticeria non più con corde o stanghe, ma con pompe intermittenti mosse da un manubrio «Mantici a macchina con pompe: manubrio in ghisa, di nuovo e privato sistema».

 

Lo straordinario organo dell’insigne Regia Basilica di San Lorenzo a Firenze (1863)

 

Nel 1863 è costruito lo straordinario organo dell’insigne Regia Basilica di San Lorenzo a Firenze, organo sontuoso, colossale, a tre tastiere di settanta tasti ciascuna, con organo positivo tergale e sessantaquattro registri; a seguito di tale superba opera collocata dal valentissimo Giacomo Locatelli, tuttora ben conservata, il Re Vittorio Emanuele II nomina il signor Giacomo Serassi «Cavaliere dell’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro», e concede alla ditta la facoltà di fregiare del Regio stemma l’insegna del suo stabilimento artistico industriale con il titolo di Regia Fabbrica Nazionale Privilegiata d’Organi.

 

È l’unica fabbrica «che segua ne’ ripieni quella immortale del Callido»

 

Nel 1864 la Gazzetta di Venezia riporta che la Serassi è l’unica fabbrica «che segua ne’ ripieni quella immortale del Callido». I giornali, le cronache e le lettere (dal Carteggio) magnificano l’eccellenza dei Serassi, ritenuti i più celebri organari italiani del loro tempo. Gli organi lavorati in questo periodo sono in media 11.5 per anno: una quantità notevole, che richiedeva molta organizzazione aziendale. In un ambiente qualificato, molto competitivo, come quello organario, ogni risorsa era considerata costosa per la quantità

e la specializzazione di lavoro che richiedeva. Malgrado questo i prezzi erano concorrenziali, tant’è che la Serassi agisce sul mercato in regime di concorrenza monopolistica. Nel 1868 il Catalogo degli organi Serassi registra il ragguardevole numero di settecentoquattro.

 

Quinto periodo: 1871-1895

 

Collocazione delle officine: Bergamo, via S. Tomaso; via Pelabrocco; Modica (Sicilia orientale)

Maestranze: circa tre dipendenti (esclusi i titolari e famigliari) 

 

Il quinto periodo, di ventiquattro anni, va dal 1871 al 1895. Nel 1870 (a metà) il capofabbrica  Giacomo Locatelli (premiato con medaglia d’oro dal Ministero d’Agricoltura, Industria e Commercio a seguito della costruzione del già citato organo Serassi nella insigne Basilica di San Lorenzo in Firenze) con alcune delle maestranze più qualificate e con il gerente Castelli interrompe i rapporti di lavoro con la Fratelli Serassi e fonda la ditta «Giacomo Locatelli».

 

Il dissesto finanziario

 

Nel 1871 la Fratelli Serassi ha un dissesto finanziario ed è sottoposta a procedura giudiziale di fallimento. Malgrado questa dolorosa scissione, non cessa l’attività, ma la continua in Sicilia. Purtroppo manca un elenco degli organi costruiti dopo il 1868: pertanto è difficile avere un quadro esatto della sua attività. Nel 1872 è venduto giudizialmente all’asta il grandioso palazzo di via Pelabrocco, sede delle celebrate officine. Queste vengono spostate in via S. Tomaso, come risulta dalla dichiarazione tributaria di ricchezza mobile del 1876-77. Successivamente sono in via Pelabrocco al n. 1227, che non corrisponde  ai numeri di mappali del palazzo. Solo Carlo II fa l’organaro mentre gli altri due fratelli Vittorio e Giuseppe IV cambiano mestiere. Giacomo molto anziano non può più lavorare e muore nel 1877 a ottantasette anni. Altri dati utili, per stabilire la capacità di produzione, si possono trarre dalla dichiarazione dei tributi sulla ricchezza mobile: dal 1871 al 1875 non c’è dichiarazione; nel 1876 è di sole Lire 200:00 che fa pensare a una ditta con due-tre lavoranti; nel 1877 e 1879 è di Lire 670:00, nel 1882 di Lire 750:00 con cinque sei lavoranti. In base a questi indici possiamo quantificare le maestranze da due a sei lavoranti. Comunque la ditta «Giacomo Locatelli» collaborava con la Serassi.

 

La fabbrica in Sicilia

 

Nel 1878 Ferdinando II (1855-1894) di Carlo II, si mette in società, con Casimiro Allieri (1848-1900) di Bergamo, già capofabbrica, nella zona del Ragusano nella Sicilia orientale, dove i due aprono una succursale. Costruiscono organi di notevole impegno e qualità. Nel 1881 la Regia Fabbrica Nazionale Privilegiata d’Organi è diretta da Ferdinando II, di appena ventisei anni e dallo stesso Allieri. Numerose sono le notizie di loro importanti opere, tra cui l’organo maximum della chiesa madre di S. Giorgio di Ragusa Ibla 1881 e quello per la chiesa del SS. Salvatore a Ragusa 1893, l’ultimo finora riconosciutogli. E le officine? Sono a Bergamo, nei locali di via Pelabrocco e a Modica. Nel 1885 Allieri rileva la quota della fabbrica Serassi siciliana che, verso fine secolo, rivende alla ditta Polizzi di Modica (Ragusa), già propria collaboratrice, e si trasferisce a Cagliari dove muore nel 1900.

 

L’estinzione

 

Nel 1894 muore Ferdinando II, all’età di soli trentanove anni. Con lui si chiude l’attività organaria dei Serassi. Nel 1895 Vittorio, unico rappresentante della ditta, con atto notarile, concede a Giacomo Locatelli di aggiungere alla sua denominazione la qualifica di Successore alla vecchia ditta Fratelli Serassi. Con questo atto formalmente si estingue la celebre Fratelli Serassi. Le attrezzature della Fabbrica passano alla ditta Locatelli. Si chiude così una lunga storia umana e artistica di una delle maggiori ditte d’organi mondiali.

 

 

 

 

 

Giovanni Battista Castelli,  Catalogo / degli / Organi da Chiesa / Costruiti a tutto l’Anno 1858 / Dall’I. R. Fabbrica Nazionale Privilegiata / dei / Fratelli Serassi / in Bergamo (Biblioteca Civica A. Mai di Bergamo)

 

 


[1] Giornale della Provincia di Bergamo. Venerdì 1° Ottobre 1830. Cfr. Giosuè Berbenni, I Serassi celeberrimi costruttori d’organi. cit., vol. IV, cap. Articoli di giornale.

[2]  La bibliografia sui Serassi è copiosa. La riassume e ne dà ulteriori slanci la recente poderosa opera (4 voll. 2212 pp.) di Giosuè Berbenni, I Serassi celeberrimi costruttori d’organi. Le vicende umane, patrimoniali e professionali Associazione culturale "Giuseppe Serassi", Collana d’arte organaria – I, 2012. Guastalla (RE), Progetto grafico: Horizon Studio – Rivarolo Mantovano (MN), Stampa: Tipografia Litografia Gerevini s.n.c. – Piadena (CR). Questo studio vuole essere un contributo alla diffusione e all’accettazione del nuovo titolo mariano Regina della Musica e delle Arti.

Giosuè Berbenni, Catalogo degli organi Serassi.  Ordinamento cronologico e aggiornamento (1722-1893), Collana d’Arte Organaria, vol. XXXI, Associazione culturale “Giuseppe Serassi”, Guastalla (RE), 2014, pp.1-368, + CD contenente in anastatica le fonti (4 manoscritti + 2 stampe).

 Altre fondamentali fonti:

Giuseppe Serassi, Descrizione ed osservazioni. Pel nuovo Organo nella Chiesa posto del SS. Crocifisso dell’Annunziata di Como, Como, presso Pasquale Ostinelli vicino al Liceo, 1808, pp. xii-34. Pel nuovo organo opera de’ Signori Serassi, nel Santuario del Crocifisso. Lettera e Iscrizioni di Giambattista Giovio, Como, Carlo Antonio Ostinelli, 1808, pp. 1-25. Ristampe anastatiche con Introduzioni e Indici a cura di Giosuè Berbenni. Collana d’arte organaria, XXII, Associazione culturale “Giuseppe Serassi”, 2013, pp.1-136. Serassi,I-XL, 1-50, *1-*4; Giovio, I-X, 1-25, *1-*3.

Giuseppe Serassi, Sugli organi. Lettere 1816. Ristampa anastatica con Introduzione e Indici a cura di Giosuè Berbenni,

Associazione culturale “Giuseppe Serassi”, Collana d’arte organaria – XVII, Guastalla (RE), 2013, pp. 1-112: I-XXII, 1-73, *1-*11. Anche in lingua inglese.

Giambattista Cremonesi,  Biografia di Carlo Serassi celebre costruttore d’organi, scritta da Giambattista Cremonesi. Ristampa anastatica con Introduzione e Indici a cura di Giosuè Berbenni. Associazione culturale “Giuseppe Serassi”, Collana d’arte organaria – XVIII, Guastalla (RE), 2013, pp. 1-99: I-XXII, 1-60, *1-*9.

 

 

[3] G. Berbenni, I Serassi celeberrimi costruttori d’organi. cit., vol. I, cap. La genealogia.

 

[4] G. Serassi, Descrizione ed osservazioni. Pel nuovo Organo nella Chiesa posto del SS. Crocifisso dell’Annunziata di Como, cit.

 

 

[5] G. Serassi, Sugli organi. Lettere 1816, cit.

[6] Biografia di Carlo Serassi celebre costruttore d’organi, scritta da Giambattista Cremonesi,  cit.

 

ALCUNE OPERE DEL PROF. BERBENNI RELATIVE AI SERASSI: